La disavventura di Colapesce

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Uno degli artisti più interessanti dell’ultima generazione della canzone d’autore italiana, il siciliano Lorenzo Urciullo (Colapesce, collegandovi a questo indirizzo trovate  il suo bellissimo nuovo disco  “Un meraviglioso declino”), ha vissuto una disavventura che getta più di un’ombra sul dorato mondo musicale italiano. Lui ha deciso di raccontarla via Facebook ai suoi fans e noi abbiamo deciso di raccogliere il suo appello per la diffusione di questa storia incredibile affinchè simili episodi non abbiano più a ripetersi. La Voce dell’Isola è un piccolo strumento, ma condividere questa storia via social network può essere utile per far si che certi personaggi abbiano vita meno facile. (Marco Di Salvo)

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“Perfino il rock ti scava rughe sulla faccia…” (Perturbazione, Del nostro tempo rubato)

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Ci siamo sentiti in dovere di scrivere una lettera per raccontarvi quello che ci è successo tra la sera di ieri e questa mattina. Speriamo serva a qualcuno…

Quando diciamo che veniamo dalla Sicilia pare che i promoter si spaventino. Succede sempre.

“E ora, come li sistemo, questi? “Per noi isolani andare in giro a suonare non è una cosa semplice: siamo svantaggiati dalla geografia, lontani dai club e dalle autostrade. Lontani da tutto.

I Cani o i Bud Spencer Blues Explosion (solo per citare due band con cui condividiamo l’agenzia, di cui siamo felicissimi e orgogliosi, e in parte lo stesso team) partono da Roma ogni fine settimana e dopo un weekend di concerti possono tornare a casa, riposarsi e poi ripartire. Noi no. Fare avanti e indietro dalla Sicilia è praticamente impossibile: insostenibile dal punto di vista economico ma anche da quello del tempo. Gli spostamenti sarebbero troppo lunghi. Per questo abbiamo scelto di essere gestiti come una delle tante band straniere che vengono a suonare in Italia: quando ci muoviamo lo facciamo per periodi lunghi. Stiamo fuori settimane intere (in questo caso dieci giorni filati), suonando anche in giorni della settimana in cui di solito si sta fermi e affrontando viaggi molto più lunghi della norma. Non ci stiamo lamentando, siamo stati noi a scegliere come affrontare il tour: “Un meraviglioso declino” è uscito da poco, ma è il frutto di un anno molto stressante emotivamente e non solo. Non vedevamo l’ora di portarlo in giro, di “uscire fuori”, incontrare e conoscere le persone che lo avevano ascoltato.

L’altra sera, a Milano, è stato pazzesco. Il Magnolia era pieno di gente e tutti cantavano le canzoni. Lo sappiamo, succede a tutti quelli che suonano, ma noi ancora non ci siamo abituati all’idea. E come Milano, Roma, poi Bologna, Perugia, Bari.

Anche nei posti più piccoli dove siamo stati, come il Morgana di Benevento e lo Youthless di Rieti, siamo stati accolti con grande calore e generosità sia da partedelpubblico che dagli organizzatori. Locali che pur senza gli stessi mezzi di quelli delle grande città ci hanno fatto sentire a casa. Benvoluti e rispettati. Le ore interminabili trascorse in furgone, gli scazzi, il sonno arretrato valgono la pena quando poi si trasformano in serate che ci porteremo dentro e ricorderemo per un bel pezzo.

Per questo quando dopo la data di Milano, la nostra ultima di questa prima tranche del tour, ci hanno offerto di suonare anche a Battipaglia abbiamo accettato senza battere ciglio. Per spezzare il viaggio eterno che ci avrebbe dovuto riportare in Sicilia, e anche perché tra suonare e non suonare noi scegliamo sempre la prima.

Ci era stato proposto un concerto in orario pomeridiano, ma da subito abbiamo fatto sapere all’organizzatore, Roberto Forlano, che non sarebbe stato possibile suonare alle 18, con la speranza che lui avvertisse i gestori del locale. Milano – Battipaglia non è proprio una trasferta facile e volevamo il tempo per poter fare il sound check, riposarci un po’ e poi suonare. Nei giorni precedenti al concerto la nostra agenzia di booking e il management che ci segue ci hanno confermato in più modi – dietro rassicurazioni dello stesso Forlano – che non ci sarebbero stati problemi a suonare in un orario più tradizionale. E che il locale non sarebbe stato aperto al pubblico prima della fine del nostro sound check.

Ovviamente non è stato così: siamo arrivati poco dopo le 19 e già c’era la gente che ci aspettava. Gente venuta anche da fuori solo per sentire il nostro concerto.

Alla fine non abbiamo provato niente, siamo saliti sul palco e abbiamo suonato al nostro meglio. Poco prima di cominciare, uno dei gestori ci ha sgridato per il ritardo: per colpa nostra, ieri sera al Toop di Battipaglia, non hanno potuto trasmettere la partita della Juventus e per questo motivo hanno perso tre tavolate di clienti. E quindi dei soldi. Ci dispiace, ma noi eravamo stati chiari fin da subito: a Milano il nostro concerto sarebbe dovuto cominciare, secondo accordi, a mezzanotte e un quarto, per noi era impossibile rimetterci in viaggio prima di una certa ora e arrivare giù a Battipaglia entro le 17. Abbiamo messo comunque la sveglia all’alba e ci abbiamo provato, ma niente: con i miracoli ancora non ce la caviamo bene. Prima del concerto in tre abbiamo mangiato una pizza con la mozzarella di bufala.Da allora due hanno mal di pancia e febbre, mentre io – Lorenzo – ho passato tutta la notte a vomitare. Ma anche questo può capitare, non ne siamo felici, ma può capitare. Prima del concerto, il promoter aveva voluto comprare uno dei nostri vinili: noi li vendiamo a 15 euro, ma lui purtroppo ne aveva solo dieci. Ci ha promesso che a fine serata avrebbe provveduto a darci il resto. Non l’abbiamo più visto. Sparito.

Non è stato lui a pagarci e neanche lui ad accompagnarci nel luogo che aveva prenotato per farci dormire.

Ero già stato qui con Santiago, il progetto che condivido con Alessandro Raina, e ci era capitato di dover dormire in un luogo non proprio confortevole. Per questo avevamo espressamente richiesto di poter essere ospitati in un albergo, visto anche il grande viaggio che avremmo dovuto affrontare oggi per tornare a casa. Ci è stato detto che così sarebbe stato e invece ci siamo ritrovati in un garage umido, senza riscaldamento, pieno di insetti e con un bagno fetido e puzzolente.

Che volete che sia, ci siamo fatti forza, è il rock’n’roll.

Un po’ meno rock’n’roll è stato scoprire che non ci sarebbe stato spazio per tutti. Cinque membri, quattro letti. E un divanetto piccolissimo su cui io sono stato capace di resistere due ore, tra una vomitata e l’altra. E gli attacchi di panico. Per niente rock’n’roll, ma altrettanto schifoso, era il paio di mutande maschili ritrovato tra le lenzuola di uno dei letti. Per non parlare del letto in cui riposava il nostro bassista Giuseppe, crollato a terra dopo pochi minuti. Normalmente una cosa del genere l’avremmo presa a ridere e forse ci saremmo spostati a dormire altrove, a nostre spese, ma ieri non ce l’abbiamo proprio fatta. Ci siamo sentiti sconfitti, umiliati e violati come musicisti e, soprattutto, persone. Con noi nella stanza, separato solo da una tenda, c’era anche il padrone del garage. Molto gentile nel fornirci un giaciglio ma non altrettanto carino nel russare e scorreggiare per tutta la durata della nostra permanenza in loco. Così, tra una vomitata e l’altra, abbiamo deciso di partire. Metterci in strada e provare a tornare a casa.

Senza avere chiuso occhio. Rischiando la vita. Cosa che è puntualmente successa quando, per un colpo di sonno del nostro Francesco, siamo stati tamponati sulla Salerno-Reggio Calabria. Un pneumatico è esploso e il furgone ha subito danni per un valore economico di circa settecento euro. Noi stiamo bene, e questa al momento è l’unica cosa che davvero conta.

Per suonare la nostra musica in giro siamo disposti a sacrificare il tempo libero, gli affetti, le ore dovute al sonno, ma non la vita. L’incidente è stato sicuro una fatalità, ma tutto quello che è successo prima si sarebbe potuto e dovuto evitare. Sappiamo che molte agenzie hanno a che fare con lo stesso promoter e che da quelle parti sono passati e passeranno musicisti di assoluto livello.

Ci chiediamo se verranno accolti tutti nello stesso modo, o se chi organizza concerti a Battipaglia, Campagna e Eboli abbia semplicemente un’idea classista della musica.

Qualche settimana fa il nostro amico e conterraneo Cesare Basile ha subito un trattamento simile dalle stesse persone, finendo per dormire nella sua automobile, e anche altri gruppi ci hanno raccontato storie simili.

Noi ci siamo stufati di stare in silenzio e non c’importa se per questo motivo perderemo delle occasioni: vogliamo rispetto e vogliamo essere trattati da persone e non come bestie. Di sicuro non torneremo più a suonare in concerti organizzati da quel promoter, e speriamo che questa lettera aperta dia coraggio anche a qualche altra band costretta, anche altrove, a suonare in situazioni inaccettabili.

Ci piacerebbe che da questo nostro sfogo potesse nascere una riflessione su cosa voglia dire fare musica in Italia ora come ora.

Poche ore fa il signor Roberto Forlano ha scritto sul suo profilo Facebook che per “evitare le tragedie si sta attrezzando”. Complimenti per il sarcasmo, speriamo anche cominci ad attrezzarsi pure per ospitare le band in un posto accogliente e non costringerle a rischiare la vita.

 

Lorenzo e tutti i Colapesce

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